Laboratorio
ZAZI'










































Manifesto PsicopedagogicO
La metodologia e la gestione delle attività quotidiane all’interno del Laboratorio Creativo Zazì poggiano su un impianto di competenze psicopedagogiche, necessarie per valorizzare e sostenere, nel loro percorso di crescita, tanto il singolo nel grande gruppo, nonché il gruppo stesso nelle sue dinamiche e potenzialità uniche.
In linea con le Indicazioni Nazionali (allegato E del D.L. 137/2008 e il successivo D.P.R. n° 122 del 22/06/2009 sulle disposizioni in materia di valutazione), l’osservazione del bambino nella scuola dell’infanzia “non si limita a verificare gli esiti del processo di apprendimento, ma traccia il profilo di crescita di ogni singolo bambino incoraggiando lo sviluppo di tutte le sue potenzialità”.
Tale orizzonte di crescita, in una fase “esplosiva” come quella della prima infanzia, comporta la necessità di considerare contemporaneamente molteplici ambiti, nei quali varie competenze si sviluppano e si potenziano reciprocamente, in modo che l’insieme di tali aspetti sia indicativo dell’intero iter di sviluppo del bambino.
Sintesi del risultato di questo intreccio può essere la scoperta del proprio senso di IDENTITA’, sostenuta da attività mirate di drammatizzazione e cooperazione che, sebbene differenti nei contenuti ludico-creativi, affrontano [a misura di bambino] anche i grandi interrogativi identitari umani:
“Chi sono?”
“Cosa mi piace?”
“Dove finisco io?”
“Dove iniziano gli altri?”
a loro volta fortemente connessi con la sfera di SOCIALITA’ E RELAZIONE e la presa della giusta distanza trame e l’altro:
“Cosa di ciò che faccio piace agli altri e perché?”
“Chi mi è più vicino, chi più lontano e perché?
“Si può avere più di un amico?”
“Posso scegliere?”…
La fascia d’età della prima infanzia ha come carattere unico e distintivo il primo diramarsi delle relazioni umane fuori dalla socializzazione primaria familiare, protetta e gestita dall’adulto. Socializzare con i propri pari significa prendere le misure con un ambiente totalmente nuovo, mettersi alla prova direttamente nel nuovo contesto, dove è il bambino che, sperimentando, impara a gestire coi compagni turni, scambi,
compromessi, a negoziare o, viceversa, a far valere la propria opinione.
Per favorire al meglio questo delicato passaggio, crediamo che l’adulto, che inevitabilmente accompagna e sostiene il gruppo, debba essere in grado di modulare adeguatamente la propria “presenza relazionale” a seconda della situazione, della storia e della necessità di ognuno dei bambini di sperimentarsi direttamente con il coetaneo. Cerchiamo di individuare l’equilibrio (più corretto possibile) tra l’intervenire delicatamente per dare “lo spazio e il tempo che serve” al più timido, sostenendo contemporaneamente i più intraprendenti nella scoperta della “pazienza, attesa e rispetto”. L’adulto è un osservatore attento, capace di regolare la propria presenza e “assenza”, in grado di lasciare il bambino libero di provare [e sbagliare].
Nonché un bambino libero di chiedere o non chiedere aiuto all’adulto. Un bambino, in questo senso, stimolato a rivolgersi ai propri pari, trasformando la necessità in un’occasione d’interazione con l’altro, potenzialmente cooperativa, che possa accrescere il senso di efficacia di entrambi, autonomia, capacità di interscambio sociale.
Viene da se che i suddetti ambiti di sviluppo risultino inevitabilmente intersecati con l’area dell’AUTONOMIA. Il bambino prescolare è per noi un piccolo uomo. Ogni giorno riesce a “fare da solo” piccole cose che sono grandi conquiste, da raccontare felicemente a casa. Questi micro-eventi rinforzano l’AUTOSTIMA. Non un’autocelebrazione a tutti i costi, ma un senso di sé e della propria efficacia che sia adeguato, realistico, basato sulla concreta esperienza di riuscita.
Mettere in ordine, mettersi in fila da soli, versarsi l’acqua. Essere aiutati ad apparecchiare dai più grandi o dagli adulti, fino a farlo autonomamente. Un passo oltre queste note attività, è stato introdotto il Venerdì di Autogestione, vissuto come un giorno di riposo, libertà, indipendenza. Il valore psicoeducativo di questa
scelta può rappresentare una ricapitolazione degli obiettivi umani del corso dell’anno.
Sperimentarsi
nel “fare quel che mi pare” per scoprire come ciò non significhi intaccare il rispetto e la libertà altrui.
Sperimentare
un senso di responsabilità, scoprendone anche l’onere, per sé e verso gli altri, di questo tipo di
indipendenza.
Bisogna offrire al bambino possibilità di movimento, scoperta, sperimentazione, perché tali conquiste siano genuine, vere, durature, non imposte dall'esterno o spiegate e inculcate.
La scelta metodologica di ideazione, progettazione e costruzione dei giochi, accompagnando i bambini nel percorso che porta a dare una concretezza reale, utilizzabile, manipolabile del prodotto della loro [e nostra] fantasia, ha un innegabile valore artistico, espressivo, creativo, oltre che estetico, di educazione all’armonia delle forme e dei colori. La strada che giunge alla messa in costruzione della propria idea offre, ad ogni passo, occasione di parlare, confrontarsi, inventare. Sforzarsi di mostrare all’altro la propria idea su come andare avanti, gesticolare, mimare, muoversi col corpo, nello spazio, di fronte agli altri. Improvvisare.
Inoltre, sono i piccoli creatori stessi che individuano le Regole sui giochi che loro stessi hanno costruito. Pur all’interno di una fase dello sviluppo della MORALE che Piaget definiva eteronoma (non derivata da un codice di valori interiorizzati, ma dalla costrizione esterna nel rispettare determinate leggi), ci preme trasmettere il valore, il senso, il fine di una regola. Non la regola di per sé. È importante che l’adulto di domani acquisisca e sviluppi un buon senso critico, di comprensione genuina di ciò che è giusto o sbagliato o, quantomeno,
della capacità di porsi adeguate domande a riguardo.
La storia ci mostra come l’uomo di ieri abbia ubbidito a norme non sempre corrette e ci insegna che, talvolta, sia necessario mettere in discussione le regole [per romperle o per farle proprie in modo autentico] per progredire. Crearne poi di nuove, più evolute, adeguate. E rimetterle ancora in discussione, in un circolo a spirale che segna l’evoluzione alla morale adulta.
È un intreccio, una trama di cambiamenti. Una continua scoperta di sé e del mondo. Un andirivieni di nuove e vecchie prospettive con cui guardare e guardarsi. Un vortice in cui il bambino ha a disposizione dei punti di riferimento certi. Persone e Luoghi.
L’aspetto della stanza si rinnova ogni anno, e con esso l’ambiente emotivo.
I muri vuoti di settembre sono tele vergini da riempire, trasformando un luogo estraneo in uno spazio, riconosciuto come proprio, unico. Una cornice, non solo visiva, ma anche di ritualità, confortevole e nota, che cresce e cambia insieme con loro. Un contenitore di individualità singole e di un’entità gruppale che si rinnova nel tempo, ma che trova uno spazio in cui riconoscersi, un riferimento, un riflesso. Questa identità è frutto dalla storia del gruppo stesso. E del racconto di questa storia attraverso i prodotti permanenti affissi sulle pareti o costruiti collettivamente.
Marinella Anchora
Zazipe